27 marzo 2012

Poco a poco il silenzio sta riempiendo la mia anima di rumori,
con i passi spaventosi come una bestia selvaggia inseguita dal tremito del
cuore che affila la sua lama.

È in questa voce cieca che mantiene i miei occhi aperti.

E – dentro me – io penso a quell’altro cielo che mi aspetta
fuori dalla casa: il mio cielo, quello che inventa la pioggia
all’angolo della via.

Un cielo di acque ripugnanti. Della luna annegata, nuvoloso, conservato dal
fango dalla mano del sonno.

Il mio cielo di acque inquietanti, solo nella tua carne fa sì che i miei denti caduti
splendano di più.

Il cielo inatteso della ruggine invernale, viene e riempie le mie mani vuote di una
persona cieca senza sfiorare con il tuo corpo. Il mio cielo di un uccello
senza cielo. Cielo dall’acqua di ventre.

Il mio cielo, in profondità come pietra.

(1996)

Felipe Garcìa Quintero


 
a sky of honey - foto di erza

1 commento:

  1. Che posti...Come contrastano con i luoghi rumorosi e affollati del nostro quotidiano...

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