12 febbraio 2009

Living in a still life - Cronache di un inquinamento…

Arte contemporanea - Collettiva
Dal 14 febbraio al 14 marzo 2009 Fonderia delle Arti Via Assisi, 31 Roma Vernissage sabato 14 febbraio 2009 ore 17.30 (Cocktail)

A cura di Antonietta
Campilongo Progetto di N E W O R L D ART
Idee e progetti per un mondo sostenibile
Presentazione Pier Maurizio Greco


Artisti: Artisti Innocenti, Manuela Alampi, Marco Angelini, Roberto Angiolillo, Mario Armocida, Rosella Barretta, Gian Paolo Bonani, Sara Bonetti, Antonella Boscarini, Nello Bruno, Maria Cecilia Camozzi, Antonietta Campilongo, Stefano Cannone, Cristina Castellani, Antonella Catini, Antonio Ceccarelli, Maurizio Cintioli, Anna Costantini, Paola de Santis, Oronzo De stradis, Alfredo Di Bacco, Valentina Fabi, Daniela Foschi, Francesco Gentile, Marco Gerbi, Paola Giacon, Pier Maurizio Greco, Francesca Guarini, Rosella Lenci, Laura Leo, Carmelo Leone, Antonella Macaluso, Caterina Maggia, Loris Manasia, Gabriella Marchi, Maddalena Marinelli, Fulvio Martini, Stefano Marziali, Serena Meggiorini, Mariella Miceli, Simona Mostrato, Sante Muro, Giovanni Novi, Claudio Orlandi, Aldo Palma,Valentina Parisi, Giuliano Pastori, Nadia Perrotta, Astrid Pesarono, Adolfo Picano, Pommefritz Crew (Max Boschini & Mauro Manuini), Elettra Porfidi, Loredana Raciti, Grazia Ribaudo, Guido Ricci, Serafino Rudari,Graziano Russo, Fiorella Saura, Linda Schipani.

info:www.campilongo.it www.neworldproject.it&rel=nofollow"> www.neworldproject.it anto.camp@fastwebnet.it Tel. 339 4394399 - 06 7842112

Living in a still life/ Cronache di un inquinamento…

Living in a still life è una collettiva d’arte contemporanea, a cura di Antonietta Campilongo, allestita nei locali della Fonderia delle Arti di Roma. Nell’accezione comune, still life è sinonimo di natura morta e viene comunemente usato in pittura o in fotografia per indicare la rappresentazione artistica di un oggetto statico. Ma nel tema scelto, ovviamente, non c’è solo questo. C’è un doppio binario e una doppia velocità. Da un lato la riflessione sul tempo che scorre, con le inevitabili trasformazioni, le tracce indelebili che lascia su corpi ed oggetti e il continuo desiderio di fermarlo, di vincerlo. Dall’altro, la sensazione di vivere in uno spazio sofferto, in un ambiente naturale che va in panne, che respira a fatica e si blocca, scivolando in una pericolosa “retromarcia”. E la conseguente strenua difesa per la sopravvivenza. Il tema dell’inarrestabile fuga del tempo e delle inevitabili “conseguenze” è presente nell’arte ab antiquo. Significativo, al riguardo, il mosaico pitagorico del cranio e della farfalla rinvenuto a Pompei. E le “danze macabre” medievali, con girotondi di scheletri, o i dipinti della serie “Tre vivi e tre morti”, in cui giovani cavalieri incontrano tre cadaveri “viventi” che li ammoniscono circa il loro futuro destino. Straordinario e visionario il San Gerolamo di Dürer, circondato dai simboli del sapere, ma con l’indice puntato su un cranio, termine ultimo di ogni percorso umano. In seguito, sul finire del ‘500, compare in Europa il genere della natura morta, spesso legata ai temi della vanitas e della caducità. Non più rappresentazione a margine della figura umana ma soggetto protagonista di un nuovo modo di intendere l’arte e in grado di veicolare con sapienza simboli e allegorie. Caravaggio sosteneva che “vi è tanta manifattura nel fare un quadro di fiori come nel farne uno di figure”, e lo dimostra benissimo nella sua canestra di frutta, dove allo straordinario realismo fotografico si accompagna un’intensa riflessione sulla transitorietà della vita. Da qui in avanti la natura morta ha sempre esercitato un’attrazione ambigua. Da un lato il fascino e la ricercatezza di immagini vivide e realistiche, dall’altro una forma di sensualità torbida e inquieta in cui serpeggia il monito-messaggio. Anche un teschio tempestato di diamanti ci ricorda con “evidenza” che, in fondo in fondo, sotto la ricchezza sfavillante c’è sempre una fine certa. E la natura intorno? Questo è il secondo punto. E’ più viva o più morta? Di sicuro non gode di ottima salute. L’alterazione dell’ambiente è evidente, con conseguenze diffuse a molteplici livelli: inquinamento dell'aria, acqua, suolo, chimico, acustico, elettromagnetico, luminoso, termico, genetico, nucleare… A prescindere dalle percentuali, è necessaria una netta inversione di marcia, governi e lobbies economiche permettendo. L’arte talvolta fa finta di non vedere, volgendosi alla ricerca del sensazionale o scendendo nelle viscere del vizio. Tra le sue infinite potenzialità, c’è ancora la forza di gridare che qualcosa non va, e risvegliare coscienze ed energie. A volte ci riesce come può, con i suoi mezzi, e rappresenta una salvezza. Living in a still life è un reportage; in bilico tra il potere salvifico dell’arte, l’inevitabile fuga del tempo e il tentativo di superarlo.

Pier Maurizio Greco

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