Penso al fatto di esser poeta, e di andare disperso
nella voce di chi non ha;
nel poco che c’è di me in ogni verso,
nel molto che c’è di tutto e di nessuno.
Il cieco continua a suonare La Violetera,
e io a guardarlo, e diventare a cieco;
quella povera donna a sfregare e dare la cera,
e io a guardarla, e a sfregare.
Quale risata vicina, quale pena lontana,
quale infima debole breve cosa nulla,
issa, giù nel fondo, questa draga che carbura,
che squarcia, rimescola e asfalta la strada sotterranea?
Postulati e leggi e lemmi e teoremi,
tutto ciò che afferma e giura e dice sì,
teorie, dottrine e sistemi,
tutto questo sfugge all’autore delle mie poesie.
A lui, e a me.
Antonio Gedeão
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