17 settembre 2013

Tarda maturità


Non subito
perché solo attorno ai novanta
si è aperta dentro di me la porta
e sono entrato nella chiarezza del mattino.
Sentivo allontanarsi da me una dopo l’altra
come fossero ladri le mie vite anteriori
con il loro tormento. Apparivano,
concessi al mio cesello, paesi, città, giardini,
golfi di mare, per venire descritti
meglio di tutti. Non ero
separato dagli uomini, ci univano
rimpianto e pietà, e dicevo:
Abbiamo dimenticato che siamo tutti
figli di un re, poiché veniamo da dove ancora
non c’era divisione tra il sì e il no,
né divisione tra c’è, ci sarà, c’è stato.
Siamo scontenti e facciamo uso
cento volte di meno del dono
che abbiamo ricevuto per il nostro lungo
viaggio. Atti di ieri e di secoli fa
– il colpo di una spada, il dipingerci
le ciglia davanti a uno specchio di lucido
metallo, lo spago mortale di un moschetto,
lo schianto di una caravella sugli scogli –
abitano dentro di noi e aspettano
il loro compimento. Ho sempre
saputo che sarei stato il lavoratore
di una vigna così come tutti gli uomini
che vivono il mio tempo, consapevoli
di ciò oppure inconsapevoli.

Czeslaw Milosz


 photo by Kevin Russ

1 commento:

  1. Las ovejas escuchan atentas el poema de Czeslaw.
    A veces, el único auditorio para un poeta, es el mundo natural, la poesía vuelve a donde es.
    Lástima, porque algunas veces el viaje de la poesía debería detenerse en los hombres, hacer una parada, dejarse oír, sentir, aprender de ella y de los poetas y proseguir a su mundo.
    A mi me queda el consuelo de haber escuchado a Czeslaw, aunque sea como una oveja.

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