11 febbraio 2016

3.

Siamo cose leggere
che sillabano e vivono.
Ma voglio afferrare ogni parola
come i rami di un albero
che ancora vive a metà
e l’altra metà è morta
ed è a un balzo
tra me e la finestra.
Il risveglio della campagna
trattiene la terra, qualcosa sente,
nel profondo si arrotola,
nell’aria si stende.
C’è una mano sull’altra —
l’altra mano è la mia. Tutto
a legge si accorda, ma scordo
quel muto crescere…
Io sono una cosa leggera,
mi fermo alle sillabe,
a un riflesso. E sono
anche quello che un uomo
mentre passa con un bastone
rimediato da un asciutto mucchio
di legne, a guardarmi
pensa, e ripensa a sé,
e non mi guarda più.
Sei tu, un’inutile attesa,
a me stessa di fronte
me stessa, svestita.



Maria Borio

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