28 febbraio 2009

ESPERO

Te espero cuando la noche se haga día,
suspiros de esperanzas ya perdidas.
No creo que vengas, lo sé,
sé que no vendrás.
Sé que la distancia te hiere,
sé que las noches son más frías,
Sé que ya no estás.
Creo saber todo de ti.
Sé que el día de pronto se te hace noche:
sé que sueñas con mi amor, pero no lo dices,
sé que soy un idiota al esperarte,
Pues sé que no vendrás.
Te espero cuando miremos al cielo de noche:
tu allá, yo aquí, añorando aquellos días
en los que un beso marcó la despedida,
Quizás por el resto de nuestras vidas.
Es triste hablar así.
Cuando el día se me hace de noche,
Y la Luna oculta ese sol tan radiante.
Me siento sólo, lo sé,
nunca supe de nada tanto en mi vida,
solo sé que me encuentro muy sólo,
y que no estoy allí.
Mis disculpas por sentir así,
nunca mi intención ha sido ofenderte.
Nunca soñé con quererte,
ni con sentirme así.
Mi aire se acaba como agua en el desierto.
Mi vida se acorta pues no te llevo dentro.
Mi esperanza de vivir eres tu,
y no estoy allí.
¿Por qué no estoy allí?, te preguntarás,
¿Por qué no he tomado ese bus que me llevaría a ti?
Porque el mundo que llevo aquí no me permite estar allí.
Porque todas las noches me torturo pensando en ti.
¿Por qué no solo me olvido de ti?
¿Por qué no vivo solo así?
¿Por qué no solo...


Mario Benedetti


-
Julia Roberts

27 febbraio 2009

Lasciai cadere il tempo sul tuo nome,
come si adagia il marmo sulla terra e
l’acqua si sparge sulle braci. Mi vestii

di lutto come le donne che disfano
le culle vuote da tanto le guardano; e vidi
il sangue scendere finalmente sulla ferita,
come la cera che si rapprende sul palmo della mano
prima di perdersi nelle dita in polvere. Se

ti dimenticai, fu perché volli qualcuno che mi
chiamasse, un corpo che fosse un altro sul mio
corpo, una voce offerta per la mattina. Ma
niente, ma nessuno. Se il tempo non si

fosse abbattuto sul tuo nome, avrei potuto
almeno ora ricordarti – poiché non c’è
lapide senza corpo né cenere che non abbia
arso. E la casa è oggi più fredda che

mai: lasciai passare il tempo sul tuo
nome, e non c’è focolare, non c’è nido, non ci sono
figli che si possano perdere da me, né
candele per riempire di memoria questo silenzio.


Maria do Rosário Pedreira




Camila ed io - foto di Maria Cecilia Camozzi

26 febbraio 2009

PAURA

Paura di vedere la macchina della polizia fermarsi davanti casa.
Paura di addormentarsi la notte.
Paura di non addormentarsi.
Paura del ritorno del passato.
Paura del presente che fugge.
Paura del telefono che squilla nel cuore della notte.
Paura delle tempeste elettriche.
Paura della signora delle pulizie con un neo sul viso!
Paura dei cani che mi hanno detto che non mordono.
Paura dell'ansia!
Paura di dover identificare il cadavere di un amico.
Paura di finire i soldi.
Paura di averne troppi, anche se a questo non ci crederanno mai.
Paura dei risultati dei test psicologici.
Paura d'essere in ritardo e paura di arrivare prima degli altri.
Paura della calligrafia dei miei figli sulle buste.
Paura che muoiano prima di me e che mi sentirò in colpa.
Paura di dover vivere con mia madre anziana, anziano anch'io.
Paura della confusione.
Paura che questo giorno finisca su una brutta nota.
Paura di svegliarmi e scoprire che te ne sei andata.
Paura di non amare e paura di non amare abbastanza.
Paura che quel che amo risulterà letale per quelli che amo.
Paura della morte.
Paura di vivere troppo.
Paura della morte.
L'ho già detta.


Raymond Carver


Red flying fox bat da PRI's The World.
Red flying fox bat - foto di PRI's The World

25 febbraio 2009

LIBRI

Tutti i libri del mondo
non ti danno la felicità,
però in segreto
ti rinviano a te stesso.

Lì c'è tutto ciò di cui hai bisogno,
sole stelle luna.
Perché la luce che cercavi
vive dentro di te.

La saggezza che hai cercato
a lungo in biblioteca
ora brilla in ogni foglio,
perché adesso è tua.


Hermann Hesse

Focus on her words da te.
Focus on her words - foto di Maria Cecilia Camozzi

24 febbraio 2009

Ti Riciclo in Arte/In Arte Ti Riciclo

Arte contemporanea - Collettiva
Titolo: Ti Riciclo in Arte/In Arte Ti Riciclo
Periodo: dal 7 marzo al 30 aprile 2009
Sede: Palazzo Doria Pamphilj Museo Archeologico Valmontone
Indirizzo: piazza della Costituente
Città: Valmontone (Roma) - 00038

Vernissage: sabato 7 marzo 2009 ore 17.30
Orario di apertura - dal martedì al venerdì - 9.00-13.00 / sabato domenica 10.00 - 13.00 - 15.30 - 19.00
Ingresso: Libero

Patrocinio: Città di Valmontone - Assessorato alle Politiche Culturali - Assessorato all'Ambiente
A cura: Antonietta Campilongo
Presentazione: Gianni Piacentini
Organizzazione: NEWORLDART - Idee e progetti per un mondo sostenibile
Progetto: NWecoart
Servizio didattico: Laboratorio d’Arte per le Scuole “Raccolgo, Recupero, Riciclo…CREO!”
Lab. Art con la collaborazione dell'Associazione Pro Loco Valmontone-Tel. 393 9301310 - 393 9301895

Artisti:
Artisti Innocenti, Marco Angelini, Simona Abruzzini, Roberto Angiolillo, Giancarlo Baraldo, Rosella Barretta, Gian Paolo Bonani, Sara Bonetti, Antonella Boscarini, Elena Bonuglia. Nello Bruno, Maria Cecilia Camozzi, Antonietta Campilongo, Silvia Castaldo, Cristina Castellani, Antonella Catini, Antonio Ceccarelli, Enzo Correnti, Anna Costantini, Arianna De Benedetti, Paola de Santis, Alfredo Di Bacco, Mario Di Carlo, Daniela Foschi, Elfriede Gaeng, Ambrogio Galbiati. Marco Gerbi, Pier Maurizio Greco, Rosella Lenci, Laura Leo, Gabriella Marchi, Stefano Marziali, Mariella Miceli, Consuelo Mura, Sante Muro, Giovanni Novi, Albino Palamara, Aldo Palma, Ilaria Pergolesi, Astrid Pesarino, Adolfo Picano, Simonetta Pizzarotti, Pommefritz Crew (Max Boschini & Mauro Manuini), Elettra Porfiri, Loredana Raciti, Marco Recchia, Grazia Ribaudo, Guido Ricci, Serafino Rudari, Fiorella Saura, Linda Schipani, Giuseppe Viglione, Zago, Zoro

info: www.palazzodoriavalmontone.it www.campilongo.it www.neworldproject.it

anto.camp@fastwebnet.it

Tel. 06 95995046 - 339 4394399


IN ARTE TI RICICLO



Giunti con la presente alla quarta tappa del progetto espositivo sull’arte che ricicla materiali finalizzati all’opera, si potrebbe tentare un consuntivo dei lavori che si ritrovano oggi a Palazzo Doria Pamphilj a Valmontone.

Nelle esposizioni ospitate nel 2008 prima alla Fonderia delle Arti di Roma, poi alla chiesa di San Francesco a Capranica, e di seguito alla sede londinese della galleria Candid Arts, si possono rintracciare delle linee fondamentali.

Nelle opere si tematizza il riciclo mirando a farne l’oggetto dell’opera. L’osservazione si concentra sul senso del consumo e sul pericolo avvertito nell’uso improprio e smodato di quelle stesse risorse del pianeta che vanno a compromettere non solo la sopravvivenza delle generazioni future ma anche della nostra.

Queste visioni si risolvono spesso in una paesaggistica espressamente caotica (con gran pullulare di plastiche ) e in immagini di una natura ormai desertificata. Tra astratto e figurale, i rifiuti vengono adottati per essere finalmente rimessi a fuoco e sperimentati in un campo d’azione dove si è guidati dalla concretezza dei materiali in una visibile e a volte allucinata araldica.

Non mancano immagini apologetiche e analisi per frammenti. Tutta l’apparentemente compiuta ciclicità naturale trova pericolosi ostacoli in una cultura industriale spesso colpevolmente silenziosa delle reali conseguenze delle sue scelte.

Altrimenti, nel caleidoscopio delle immagini e delle composizioni, i materiali e gli oggetti vengono direttamente prelevati giocando ironicamente con la componente decorativa e la manipolazione. Con atteggiamento pragmatico, alcuni artisti (che fanno in modo di sembrare ingenui) re-impiegano in arte ciò che è già stato usato evitando in tal modo di prelevare materiali nuovi. Si considera questa soluzione una forma di risparmio energetico grazie alla quale materiali inquinanti assumerebbero leggerezza e soavità lirica perdendo la loro carica apocalittica.

In alcuni lavori si intende forse salvare le tracce del vissuto privato, preservare gli scarti e assegnare loro un’emblematicità, una vita fissata, fino a proporre un positivo riscatto dei brandelli, una qualche riabilitazione del degrado.

La produzione artistica, anche la più germinativa o seriale, non si piega all’atteggiamento onnivoro del consumo. Prolifera, certo agisce capillarmente ma, sia pure non andando a piantare boschi come Beuys, decanta, purifica. Comunica all’umanità in cui confida.

Tutti gli artisti del pianeta per quante tele coprano di colore (pur con le innumerevoli prove e studi preliminari necessari per giungere a una singola opera riuscita) non partecipano al degrado della natura prodotto dall’umanità, perché ciò sarebbe direttamente corrispondente al degrado stesso dell’umanità.

Agli artisti si impone, pure in modo implicito, di lanciare dei segnali chiari. Di dissenso. Di spostamento o di spaesamento.

Panta rei, tutto gira, tutto è ciclico ma mai identico.

Al riciclo dei materiali siamo tutti obbligati in quanto uomini, ma gli artisti non desiderano il riciclo delle loro opere. Gli artisti lavorano per proprio conto contro il riciclo. Sognano di resistere al tempo, pretendono di lasciare una traccia stabile.

La storia dello smembramento e la tarda ricomposizione della tavola del San Gerolamo di Leonardo, sottratta al suo destino di sgabello ed oggi ammirata nei Musei Vaticani, è, almeno per gli artisti, una consolazione.

Eppure nella follia del consumare l’uomo è costretto sempre di più a fare i conti con un pianeta impoverito e degradato. Se vuole sopravvivere deve imparare a non sprecare, a progettare ogni oggetto in vista di una sua trasformazione in altro.

E perché l’artista dovrebbe illudersi di sfuggire a questo destino?

Si può davvero immaginare un'opera d’arte riciclabile?


Gianni Piacentini

23 febbraio 2009

21 febbraio 2009

Torna a farsi silenzio qui intorno,
con la neve che ha ripreso a scendere
e il paesaggio ubriaco di sonno che respira
lentamente tra un sogno e l'altro.
Le montagne non si vedono più dalla nostra casa,
sono svanite dentro una coltre muta
dietro alla luce fioca dei lampioni
nel giallo del sentiero in fondo alla strada.
Guardo l'inverno al di là della finestra
mentre cancella la geografia della memoria,
e nello spazio fluido dove stanno le emozioni
siamo giovani lupi tra gli alberi e il bianco.

Maria Cecilia Camozzi Bozzani




Wolves da Mattias02k.
Wolves

20 febbraio 2009

Eternamente

Para decirte mi palabra,
mi voz y lo que digo,
no necesito conocerte.
Van cayendo sobre esta hoja.
como gotas de agua,
naturales y transparentes,
las lágrimas de esta soledad.
Esta soledad tan mía,
tan adolescente,
tan profunda y melancólica.
Paseo yo,
lo más triste y alegre de mí,
por una playa abandonada.
Solo en medio de ti,
sin principio, sin fin,
infinito.
Y tú me correspondes con una mirada,
con un gesto de tu mano que,
apartando el pelo de tu cara,
deja al descubierto tus ojos.
Y entonces muere el abandono,
te vuelves sobrenatural
y me acompañas en este desierto,
eternamente desconocida.


Rafael Reyes


{B}Aaron e Rosie, baciamoci con Photoshop{/B}
Aaron e Rosie, baciamoci con Photoshop

19 febbraio 2009

parco

la luce bianca nelle strade
affastella la città e nel parco
sulle vie dove si brucia l’estate
stanno vele di fumo.
dapprima, o caro, sacrifichiamo la tua
castità e la parola riceviamo come ricompensa
sfiniti e sciolti giacciono i corpi
all’ombra del discorso


Monika Rinck

17 febbraio 2009

Non ti ho mai amata tanto, ma soeur,
come quando ti ho lasciato in quel tramonto.
Il bosco m’inghiottí, il bosco azzurro, ma soeur,
sopra stavano sempre le pallide costellazioni
dell’Occidente.

Non risi neppure un poco, per niente, ma soeur,
io che per gioco andavo incontro
a oscuro destino –
mentre i volti dietro di me lentamente
sbiadivano nella sera del bosco azzurro.

Tutto era bello in questa sera unica, ma soeur,
non fu mai piú cosí dopo né prima –
certo: ora mi restavano solo i grandi uccelli
che a sera, nel cielo oscuro, hanno fame.


Bertold Brecht


forever scares a lot of us. da {mon}.
forever scares a lot of us - foto di {mon}

16 febbraio 2009

"Un uomo che conosca intimamente un mammifero superiore, come un cane o una scimmia, e non si convinca che tale essere ha sentimenti simili ai suoi, è psichicamente anormale".

Konrad Lorenz (1980)

L'immagine “http://www.zsm.mwn.de/events/i/exhibitions_Konrad%20Lorenz%20klein.jpg” non può essere visualizzata poiché contiene degli errori.
Konrad Lorenz

15 febbraio 2009

Nessuno t’aspetta
e tu meravigli i boschi illuminandoli,
e l’acqua ritorna bella
in tua presenza.
Sotto di te i semi divengono lucidi,
gli alberi divorano la propria ombra.
Tutte le cose hanno fiducia nel tuo ritorno,
e rimangono ferme ad ignorarsi.
Il canto scava la sua forma nell’aria
ma il cielo è in attesa
dei gridi che lo squarciano.
Anche il ventre si è riasciugato per concepire
e l’uomo vi poserà la sua mano.
La carne cerca nelle carni le sorgenti:
per tutto il tempo la calma lievita e invade.
Ma se le braccia si alzano,
il gesto si perpetua
nella pietra del bene perduto.

Scipione



foto da file pps

14 febbraio 2009

Il cuore, l'acqua non intorbidita

Sei allegra o triste?
– Come saperlo,
Salvo che nulla pesa
Al cuore senza ritorno.

Nessun passo d'uccello
Su questa vetrata
Del cuore attraversato
Da giardini ed ombra.

Un pensiero di te
Che ha bevuto la mia vita
Ma tra queste foglie
Nessun ricordo.

Sono l'ora semplice
E l'acqua non intorbidita.
Ho saputo amarti,
Non sapendo morire?


Yves Bonnefoy



St. Valentine's Day Greeting da yoshiko314.
St. Valentine's Day greeting - foto di yoshiko314

13 febbraio 2009

La memoria ritorna a quel giorno

[...] L'acqua gelida del Nord Atlantico che entrava nella sala caldaie (dove logicamente la temperatura era altissima) provocava esplosioni a catena. L'appello del Titanic venne captato da sedici navi, ma la più vicina - la Carpathia - era a non meno di quattro ore di distanza, anche ricorrendo alla massima velocità. Il Titanic sarebbe affondato in meno di due ore. Sul Titanic, per quanto possa sembrare incredibile, non esistevano altoparlanti; la notizia del disastro fu comunicata ai passeggeri quindi dai camerieri e dall'equipaggio. Per calmare la gente, l'orchestra del Titanic - composta di otto membri e diretta da Wallace Hartley, di Colne, Lancashire - cominciò a suonare un ragtime nel salone della prima classe, poco dopo la mezzanotte. Tutti gli orchestrali non avrebbe smesso di suonare fino al completo affondamento della nave, pienamente consci di essere sul punto di morte. Alle 00.25 il comandante Smith diede l'ordine di preparare le scialuppe e di far salire per primi le donne e i bambini. Alle scialuppe è legato uno dei fatti più incredibili e tragici della leggenda del Titanic: al tempo non era obbligatorio che le navi avesse un numero di scialuppe tale da poter accogliere tutti i passeggeri. Il lussuoso Titanic in origine le aveva, ma per una ragione estetica e di spazio sui ponti si preferì portarne di meno.

Solo metà dei passeggeri, in caso di pericolo, avrebbe potuto salvarsi, una considerazione, questa, che non preoccupò gli uomini della White Star Line, convinti dell'inaffondabilità del Titanic. Questo aspetto, legato al fatto che - in conseguenza del panico - molte scialuppe vennero calate con pochissime persone a bordo, causò un numero di vittime maggiore di quello preventivato. Dal disastro del Titanic si sarebbero salvate solo 700 persone su 1500. Di coloro che finirono nel gelido mare (la temperatura intorno alla nave era di -2° C, letale per qualsiasi essere umano che vi rimanesse anche per pochi minuti), solo sei persone vennero ripescate. Delle scialuppe che si allontanarono velocemente dalla nave che affondava, per paura di essere risucchiate, solo una tornò sul luogo per accertarsi che ci fossero sopravvissuti.

di FERRUCCIO GATTUSO



http://www.wallpaperbase.com/wallpapers/movie/titanic/titanic_1.jpg

12 febbraio 2009

Living in a still life - Cronache di un inquinamento…

Arte contemporanea - Collettiva
Dal 14 febbraio al 14 marzo 2009 Fonderia delle Arti Via Assisi, 31 Roma Vernissage sabato 14 febbraio 2009 ore 17.30 (Cocktail)

A cura di Antonietta
Campilongo Progetto di N E W O R L D ART
Idee e progetti per un mondo sostenibile
Presentazione Pier Maurizio Greco


Artisti: Artisti Innocenti, Manuela Alampi, Marco Angelini, Roberto Angiolillo, Mario Armocida, Rosella Barretta, Gian Paolo Bonani, Sara Bonetti, Antonella Boscarini, Nello Bruno, Maria Cecilia Camozzi, Antonietta Campilongo, Stefano Cannone, Cristina Castellani, Antonella Catini, Antonio Ceccarelli, Maurizio Cintioli, Anna Costantini, Paola de Santis, Oronzo De stradis, Alfredo Di Bacco, Valentina Fabi, Daniela Foschi, Francesco Gentile, Marco Gerbi, Paola Giacon, Pier Maurizio Greco, Francesca Guarini, Rosella Lenci, Laura Leo, Carmelo Leone, Antonella Macaluso, Caterina Maggia, Loris Manasia, Gabriella Marchi, Maddalena Marinelli, Fulvio Martini, Stefano Marziali, Serena Meggiorini, Mariella Miceli, Simona Mostrato, Sante Muro, Giovanni Novi, Claudio Orlandi, Aldo Palma,Valentina Parisi, Giuliano Pastori, Nadia Perrotta, Astrid Pesarono, Adolfo Picano, Pommefritz Crew (Max Boschini & Mauro Manuini), Elettra Porfidi, Loredana Raciti, Grazia Ribaudo, Guido Ricci, Serafino Rudari,Graziano Russo, Fiorella Saura, Linda Schipani.

info:www.campilongo.it www.neworldproject.it&rel=nofollow"> www.neworldproject.it anto.camp@fastwebnet.it Tel. 339 4394399 - 06 7842112

Living in a still life/ Cronache di un inquinamento…

Living in a still life è una collettiva d’arte contemporanea, a cura di Antonietta Campilongo, allestita nei locali della Fonderia delle Arti di Roma. Nell’accezione comune, still life è sinonimo di natura morta e viene comunemente usato in pittura o in fotografia per indicare la rappresentazione artistica di un oggetto statico. Ma nel tema scelto, ovviamente, non c’è solo questo. C’è un doppio binario e una doppia velocità. Da un lato la riflessione sul tempo che scorre, con le inevitabili trasformazioni, le tracce indelebili che lascia su corpi ed oggetti e il continuo desiderio di fermarlo, di vincerlo. Dall’altro, la sensazione di vivere in uno spazio sofferto, in un ambiente naturale che va in panne, che respira a fatica e si blocca, scivolando in una pericolosa “retromarcia”. E la conseguente strenua difesa per la sopravvivenza. Il tema dell’inarrestabile fuga del tempo e delle inevitabili “conseguenze” è presente nell’arte ab antiquo. Significativo, al riguardo, il mosaico pitagorico del cranio e della farfalla rinvenuto a Pompei. E le “danze macabre” medievali, con girotondi di scheletri, o i dipinti della serie “Tre vivi e tre morti”, in cui giovani cavalieri incontrano tre cadaveri “viventi” che li ammoniscono circa il loro futuro destino. Straordinario e visionario il San Gerolamo di Dürer, circondato dai simboli del sapere, ma con l’indice puntato su un cranio, termine ultimo di ogni percorso umano. In seguito, sul finire del ‘500, compare in Europa il genere della natura morta, spesso legata ai temi della vanitas e della caducità. Non più rappresentazione a margine della figura umana ma soggetto protagonista di un nuovo modo di intendere l’arte e in grado di veicolare con sapienza simboli e allegorie. Caravaggio sosteneva che “vi è tanta manifattura nel fare un quadro di fiori come nel farne uno di figure”, e lo dimostra benissimo nella sua canestra di frutta, dove allo straordinario realismo fotografico si accompagna un’intensa riflessione sulla transitorietà della vita. Da qui in avanti la natura morta ha sempre esercitato un’attrazione ambigua. Da un lato il fascino e la ricercatezza di immagini vivide e realistiche, dall’altro una forma di sensualità torbida e inquieta in cui serpeggia il monito-messaggio. Anche un teschio tempestato di diamanti ci ricorda con “evidenza” che, in fondo in fondo, sotto la ricchezza sfavillante c’è sempre una fine certa. E la natura intorno? Questo è il secondo punto. E’ più viva o più morta? Di sicuro non gode di ottima salute. L’alterazione dell’ambiente è evidente, con conseguenze diffuse a molteplici livelli: inquinamento dell'aria, acqua, suolo, chimico, acustico, elettromagnetico, luminoso, termico, genetico, nucleare… A prescindere dalle percentuali, è necessaria una netta inversione di marcia, governi e lobbies economiche permettendo. L’arte talvolta fa finta di non vedere, volgendosi alla ricerca del sensazionale o scendendo nelle viscere del vizio. Tra le sue infinite potenzialità, c’è ancora la forza di gridare che qualcosa non va, e risvegliare coscienze ed energie. A volte ci riesce come può, con i suoi mezzi, e rappresenta una salvezza. Living in a still life è un reportage; in bilico tra il potere salvifico dell’arte, l’inevitabile fuga del tempo e il tentativo di superarlo.

Pier Maurizio Greco

10 febbraio 2009

Inverno

In ginocchio tra vento, orma e levriero
corsi dietro di te, chiara presenza,
trascinato dal lampo di una stella
di senso in senso sino alla tua assenza.
Attraversasti, amore, gli egoismi
che con selce di lacrima ti svelo
sovrapponendo abissi dopo abissi,
nella mia solitudine di gelo.
Il grande ragno della pioggia fila
con acqua e vento leste ragnatele.
Cosa mai diverranno domattina?
Forse un vetro infrangibile, di certo
somigliante ai miei occhi ormai sereni
dopo aver pianto tutto ciò che ho perso.


Miguel Ángel Asturias


A Frosty Rose Hip da Given2beauty.
A frosty Rose Hip - foto di Given2beauty

9 febbraio 2009

Un vento nero
ha oscurato, improvviso,
la laguna, rotta, crestata
di livide schiume.
Qui sottocasa l’onda batte forte
come un cuore impazzito.
Ma laggiù, vedi,
dov’essa fa orizzonte,
non è che pace e luce
è una linea retta di luce
che taglia l’infinito.


Diego Valeri



After the rain

After the rain - foto di Maria Cecilia Camozzi


8 febbraio 2009

XIV

Biografía

Ahora cuando escribo sin certeza
mi bionotabibliográfica
a petición de alguien que desea excluirme
de favor y por nada
en consabida antología
de la sempiternamente joven senescente
poesía española de posguerra
(de qué guerra me habla esta mañana,
delicado Giocondo, entre tenues olvidos,
de la guerra de quién con quién
y cuándo)
cuando escribo
mi bioesquelonotabibliográfica
compruebo minucioso la fecha de mi muerte
y escasa es, digo con gentil tristeza,
la ya marchita gloria del difunto.


José Ángel Valente

6 febbraio 2009

Ya no necesito agua ni tierra.
Me quedan el azul, el fuego, el viento.
¡Que sean borrados los senos, los riñones, los cabellos, las miradas!
Borradas las sonrisas y las lágrimas.
Que tu tierra y tu agua desaparezcan.
Siempre me quedará mi cielo.


Nabanita Debsen



foto di Patrycja Patrus

4 febbraio 2009

Teoria del caos

Il passaggio delle nuvole brucia i fulmini
della sera
e accende profili sulle pareti di un vento
che diluisce nell’acqua.
Dall’ombra, lontana,
mi guardi con occhi
che seguono percorsi non raggiunti
dal caso.
Ogni istante, ogni gesto,
ogni fruscio in boschi sonnecchianti –
il percorso d’una foglia che cade a terra,
volubile e danzerina –
si accorda a delle leggi silenti.

Soltanto spezzando il fragile equilibrio,
il disordine di un tempo scostante
e lieve,
sapremo che tutto era appeso,
irrimediabilmente
a un filo troppo sottile per reggerci.

Lluís Calvo



everything is organic da sallisoham.
everything is organic - foto di sallisoham

3 febbraio 2009

Durante tutto il viaggio

Durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
non dico che fosse come la mia ombra
mi stava accanto anche nel buio
non dico che fosse come le mie mani o i miei piedi
quando si dorme si perdono le mani e i piedi
io non perdevo la nostalgia nemmeno durante il sonno.
Durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me
non dico che fosse fame o sete o desiderio del fresco nell'afa o del caldo nel gelo
era qualcosa che non può giungere a sazietà
non era gioia o tristezza
non era legata alle città alle nuvole alle canzoni ai ricordi
era in me e fuori di me.
Durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me e del viaggio non mi resta nulla, se non quella nostalgia.

Nazim Hikmet


passion da Daneli.
Passion - foto di Daneli

2 febbraio 2009

Chambre

Ora vieni
e portami per mano
alle mie braccia,

perché per mano tua,
fuori di me,
accanto a te,

io mi riconosca.

Certe ombre hanno un nome,
altre sono senza essere,
la porta socchiusa dove tutto succede
e da cui più nulla arriva.

Pronuncia
- chiudendo silenzi dietro te -
il mio nome.



                           Beatrice Niccolai


Camila on the bed da te.

Camila on the bed - foto di Maria Cecilia Camozzi

1 febbraio 2009

HAY UN DÍA FELIZ

A recorrer me dediqué esta tarde
Las solitarias calles de mi aldea
Acompañado por el buen crepúsculo
Que es el único amigo que me queda.
Todo está como entonces, el otoño
Y su difusa lámpara de niebla,
Sólo que el tiempo lo ha invadido todo
Con su pálido manto de tristeza.
Nunca pensé, creédmelo, un instante
Volver a ver esta querida tierra,
Pero ahora que he vuelto no comprendo
Cómo pude alejarme de su puerta.
Nada ha cambiado, ni sus casas blancas
Ni sus viejos portones de madera.
Todo está en su lugar; las golondrinas
En la torre más alta de la iglesia;
El caracol en el jardín, y el musgo
En las húmedas manos de las piedras.
No se puede dudar, éste es el reino
Del cielo azul y de las hojas secas
En donde todo y cada cosa tiene
Su singular y plácida leyenda:
Hasta en la propia sombra reconozco
La mirada celeste de mi abuela.
Estos fueron los hechos memorables
Que presenció mi juventud primera,
El correo en la esquina de la plaza
Y la humedad en las murallas viejas.
¡Buena cosa, Dios mío!; nunca sabe
Uno apreciar la dicha verdadera,
Cuando la imaginamos más lejana
Es justamente cuando está más cerca.
Ay de mí, ¡ay de mí!, algo me dice
Que la vida no es más que una quimera;
Una ilusión, un sueño sin orillas,
Una pequeña nube pasajera.
Vamos por partes, no sé bien qué digo,
La emoción se me sube a la cabeza.
Como ya era la hora del silencio
Cuando emprendí mi singular empresa,
Una tras otra, en oleaje mudo,
Al establo volvían las ovejas.
Las saludé personalmente a todas
Y cuando estuve frente a la arboleda
Que alimenta el oído del viajero
Con su inefable música secreta
Recordé el mar y enumeré las hojas
En homenaje a mis hermanas muertas.
Perfectamente bien. Seguí mi viaje
Como quien de la vida nada espera.
Pasé frente a la rueda del molino,
Me detuve delante de una tienda:
El olor del café siempre es el mismo,
Siempre la misma luna en mi cabeza;
Entre el río de entonces y el de ahora
No distingo ninguna diferencia.
Lo reconozco bien, éste es el árbol
Que mi padre plantó frente a la puerta
(Ilustre padre que en sus buenos tiempos
Fuera mejor que una ventana abierta).
Yo me atrevo a afirmar que su conducta
Era un trasunto fiel de la Edad Media
Cuando el perro dormía dulcemente
Bajo el ángulo recto de una estrella.
A estas alturas siento que me envuelve
El delicado olor de las violetas
Que mi amorosa madre cultivaba
Para curar la tos y la tristeza.
Cuánto tiempo ha pasado desde entonces
No podría decirlo con certeza;
Todo está igual, seguramente,
El vino y el ruiseñor encima de la mesa,
Mis hermanos menores a esta hora
Deben venir de vuelta de la escuela:
¡Sólo que el tiempo lo ha borrado todo
Como una blanca tempestad de arena!

Nicanor Parra

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